Di tanto in tanto – in occasioni speciali – da3 si incontra in luoghi scelti, nella natura o sulla pubblica piazza, per praticare un repertorio acquisito, collettivamente e all’aperto. Questi incontri li chiamiamo happenings. Sono aperti a chi si vuole aggiungere a noi con una breve preparazione, di volta in volta organizzata diversamente, ma sempre basata sul principio della pura imitazione.

Discorso sulla nostra pratica degli happenings, sull’esempio di quello in riva al mare del 5 giugno 2021.

Dove mi avventuro a parlare di preghiera, di magia, del divino e perfino dell’amore.#happenings, #performance, #trishabrown #mare, #rito, #purezza, #secondofine #shunryusuzuki, #qigong, #esseremondo, #offerta, #natura, #riconoscersi.

Il perché di un nome

Avevo chiamato “happenings” i nostri incontri di Qigong nella natura. Una giovane amica mi ha chiesto il perché e io le ho risposto, senza pensarci troppo: per sdrammatizzare. E’ vero, la parola ha un che di giocoso ed è poco pomposa. Fa riferimento a qualcosa che semplicemente accade, che succede a un certo punto e poi finisce – come per tornare ad occupazioni più importanti. Ma è vero che convoglia anche un ricordo degli anni sessanta: conduce alla body art, alla performance, ha una risonanza nel politico e nella volontà di uscire da schemi sentiti come stantii. E anche questo mi piaceva.

“La rappresentazione è un processo vivente che vigila sull’integrità di ogni gesto”, scriveva Trisha Brown, una protagonista di quelle stagioni. E’ la rappresentazione artistica che obbliga all’integrità del gesto, dice la Brown, mentre vigila attenta su di esso.

le cose così come sono

Ma le nostre pratiche non conoscono la rappresentazione e non prevedono un pubblico. Per quanto possa essere bello o suggestivo guardare un singolo o un gruppo di persone che si muove all’unisono lentamente, come in ascolto di una musica segreta, qui non c’è niente da mostrare o da rappresentare. Chi pratica è al tempo stesso attore, agito e spettatore: diventa uno con il gesto e con l’azione, non la performa e non la rappresenta.

La performance si è distaccata del resto espressamente dalla rappresentazione in senso classico: ha messo l’accento sul processo e ha attinto volutamente, almeno in certe sue espressioni, alla dimensione del rito. Si è messa alla ricerca di un gesto artistico che sia testimonianza di una presenza, dell’autenticità e unicità di ciò che avviene, nel momento in cui avviene.

E però, anche se non avremo un pubblico, noi non saremo soli: su di noi vigilerà il mare. Sarà lui il testimone di un processo che è integro proprio in quanto privo di secondi fini e seconde intenzioni – siano esse estetiche, etiche o di altro genere. Il gesto, come un rito, deve essere compiuto. Non c’è altra intenzione che la presenza al gesto stesso, nel momento preciso e irripetibile in cui lo si compie. E’ allora che esso diventa puro nel senso del gesto netto e scabro dello Zen. «Con purezza noi non intendiamo che qualcosa venga tirato a lucido, che si cerchi di rendere puro qualcosa di impuro. Per purezza intendiamo le cose così come sono.» (S. Suzuki). E del resto: “Se qualcuno ti guarda, tu puoi sottrarti al suo sguardo; ma se nessuno ti guarda, tu non puoi sottrarti a te stesso.” (Id)

il rito e la magia del mondo

L’aspetto rituale di queste pratiche non va confuso con la ritualità giustamente messa in discussione da una certa critica razionalista o libertaria (a questa le mie maggiori simpatie). Non si tratta qui affatto della ripetizione di forme vuote, che abbiano in sé un potere particolare garantito dalla presenza del gruppo o di un qualche sacerdote. Si tratta di entrare in un processo collettivo che viene riempito di senso dalla presenza reale di ogni individuo che ne prenda parte.

Non è la forma ripetuta o il rito in sé ad avere poteri, né magici né esoterici. E’ il fatto stesso che venga di volta in volta riportato in vita a dotarlo di senso e di potere, a dargli il suo valore sacro; a donargli la facoltà di sollevare gli umani oltre la loro limitatezza, di ricondurli a quella integrità che gli compete e gli spetta: un significato ancora evidente nelle parole anglosassoni per sacro (“heilig/holy”), che racchiudono in sè la parola “intero”, integro (heil).

Il qigong, analogamente allo yoga, è pratica di connessione: al respiro, alla natura e in ultima analisi alla parte più profonda e autentica di noi stessi. Sono pratiche che ci insegnano a percepire come noi siamo sì distinti, ma non separati dalla realtà che ci circonda, che noi siamo mare, cielo, terra, mondo. Queste pratiche antiche ci insegnano ad essere la magia del mondo, con semplicità e senza aggiunta di orgoglio – quell’extra che ci distrae e ci allontana*.

atto d’amore

C’è un’ulteriore possibilità di leggere gli happenings di da3. Analogamente a una preghiera – non un preghiera che domanda, ma una preghiera che offre – noi offriamo al mare, alla terra e al cielo il nostro gesto collettivo, la nostra danza silenziosa e partecipata. La offriamo e ci offriamo al tempo stesso. Ci esponiamo ad esser visti (su di noi vigila il mare!), ma a nostra volta noi vediamo. E’ un vedere e un essere visti e insomma un riconoscersi. E in altre parole, un atto d’amore.

dialogo interiore

Propongo un altro modo di pensare questi nostri incontri, che può aggiungere alla ritualità del gesto una connotazione più intima, più personale. Possiamo vederli cioè come un momento o un luogo in cui noi possiamo adagiare qualcosa.

Nella densità data dalla presenza, dall’intenzione convogliata, dal paesaggio, dai suoni, noi possiamo per esempio lasciar andare un pensiero o un ricordo; o invece infondere forza a un progetto che ci sta a cuore o altre cose ancora, che ciascuno può scegliere di convogliare in questa azione. In questo modo la nostra pratica collettiva può diventare un’occasione per entrare in dialogo con noi stessi, capire ciò di cui abbiamo più bisogno in questo momento e offrirgli uno spazio dedicato.

* “Se la tua pratica è buona, potresti diventare orgoglioso di questo. […] L’orgoglio è extra. La pratica corretta è liberarsi di quell’extra. Questo punto è molto, molto importante.” S. Suzuki. Le traduzioni di Suzuki, dall’inglese, sono mie.

Se una di queste possibilità vi sembra utile o dilettevole io vi aspetto! Saremo contente (siamo tutte donne) di condurvi nel gesto, tutt* insieme e ognuno per sé, sotto lo sguardo vigile del mare – o del paesaggio di volta in volta designato per l’occasione.

Qui trovi maggiori dettagli sull’happening di fronte al mare del 5 giugno 2021. I nuovi happening verranno di volta in volta pubblicati nella sezione eventi. Finora hanno avuto luogo al solstizio d’inverno 2020 (ancora sotto altro nome), nel giugno 2021 e prossimamente per il solstizio d’inverno 2021.

(Venezia, febbraio 22)